Articolo comparso sull'edizione veneta del Corriere della Sera, in occasione della Adunata Nazionale di Parma, a cura di Sergio Noto del 116° A.U.C.
De Profundis per gli Alpini
Ho trovato in una vecchia pubblicazione quest'articolo sulla Scuola Militare Alpina d'Aosta. E' stato scritto nel 1986. Ora, anche se molte cose sono cambiate, trovo riesca a dare un quadro esauriente di cosa è stato e di cosa è un corso allievi ufficiali negli alpini.
Pare che con le prossime ristrutturazioni dell'esercito venga eliminata la figura dell'ufficiale di complemento. Speriamo che qualcuno allo Stato Maggiore o al Ministero della Difesa si renda conto che sarebbe un grande errore per tutti.
Sappiamo benissimo che molti giovani, quasi tutti laureati, hanno dato e danno un grandissimo contributo al nostro paese per i quindici mesi del loro servizio. Freschi, entusiasti, con voglia di fare, qualità difficili da riscontrare in chi fa quel tipo di lavoro tutta la vita. Inoltre, una volta tornati nel mondo borghese, l'esperienza fatta, li aiuta moltissimo.
Senza contare che in quel periodo si arricchiscono di valori ormai in disuso come la lealtà, l'amore per la patria oltre alla consapevolezza di aver fatto il proprio dovere nel migliore dei modi e di essere a disposizione in caso di bisogno.
Filippo Pavan Bernacchi - 140° A.U.C.
Articolo apparso sul periodico "Famiglia Cristiana" nel 1983.
di AMBROGIO LUCIONI - foto di RENATO ANDORNO
Impressioni di un addio
Fu un brutto colpo! Di quelli che ti vien da dire: proprio non ci voleva. Andando un po' indietro con la mente, ecco la cronaca di quel giorno in cui, con grande dignità, se ne andò un simbolo e un vessillo caro a tanti bellunesi alpini.
La giornata fatale è venerdì 10 gennaio 1997, cielo grigio sulla piazza dei Martiri, il centro della città di Belluno. Mi trovo per lavoro in un ufficio poco lontano, ho davanti a me lo schermo di un computer pieno di cifre e di sigle sempre più complicate, ma è il progresso che avanza. Verso mezza mattinata sento l'eco di una voce da un'altoparlante, cominciano le operazioni: Brigata Cadore, per l'ultima volta oggi esprime il saluto alla città e a tutti, è il commiato al termine di una lunga esistenza.
Trascorrono alcuni minuti e nell'ufficio mi giunge un'eco più forte, stavolta sono i tamburi in testa alla fanfara della Cadore. Il suono è lontano ma va aumentando, è un battito potente, tum-un passo, tum-un passo, la fanfara in testa a guidare lo sfilamento e dietro gli alpini, ufficiali e soldati, "bocia" in armi compatti, giovani penne nere, facce pulite dei vent'anni, divise nuove sui baldi e forti petti, tengono il passo decisi, anche un po' attoniti per tutti quegli applausi rivolti a loro. Mi sento estraniato, lo schermo del computer è come scomparso davanti agli occhi, nella mente una valanga di ricordi e immagini, quasi tutte dello stesso colore, il verde: quello delle divise, del cappello con la penna, il simbolo sacro degli alpini e della loro storia, il verde incontrato durante il campo estivo, il verde dei boschi di montagna, degli imponenti pini di queste vallate.
E poi il bianco delle maestose cime innevate che contornano il Cadore e il Bellunese, il bianco della neve, che ogni alpino ha calpestato. Ricordi fulminei, di naia, di giuramento, di disciplina, ma anche ricordi belli di giovanile entusiasmo, di slanci, di impegno, di sole e vita all'aria aperta (la licenza): le durezze e le difficoltà scompaiono filtrate di nostalgia. Immagini solari, limpide, cristalline: come il cuore alpino. Niente mi può ancora trattenere, passato qualche minuto esco sulla piazza.
Si presenta uno spettacolo comunque raro a vedersi: davanti alla tribuna dei generali e delle autorità, è schierata in perfetto ordine una moltitudine di penne nere, in armi e in congedo, presenti i gagliardetti di tutti i gruppi. Molti sguardi tesi, occhi leggermente velati anche tra il folto pubblico, tanti vogliono immortalare questi momenti con foto e riprese. Si rendono gli onori, sfila il gonfalone della città di Belluno, è deposta una corona sul monumento ai caduti. Poi ci sono i discorsi e la commozione si fa più evidente; per ultimo parla il capo di stato maggiore, il numero uno dell'esercito ma dà l'impressione di qualcuno che sta troppo in alto: il generale non porta il cappello alpino, forse neanche idealmente; parla delle "genti del Cadore" ma non è un discorso forte abbastanza, come richiederebbe l'occasione. La fanfara della Cadore suona l'inno di Mameli e, che sorpresa, dal fondo della piazza sento cantare "Fratelli d'Italia" dagli alpini in armi, per una volta come si conviene, con voce chiara e distinta. L'Inno d'Italia finalmente e degnamente cantato!
Si risveglia un ricordo dei primi anni di scuola, il maestro che ci insegnava a cantare in coro questo inno, ma quel nostro era un maestro vero, una persona saggia e come poi scoprii un ottimo alpino. Lo schieramento alla fine lascia lentamente la piazza, marciando in ordine come all'arrivo, per ultimi i reparti in armi. Tutti si muovono al passo, scandito dal "Trentatre" (Valore alpino) e mai note sono state più suggestive e commoventi. Brigata Cadore, è giunta l'ora: per l'ultima volta, tra gli applausi, lascia piazza dei Martiri e sfila lungo la via, la fanfara in testa e tre grossi plotoni che seguono, ben inquadrati. Vedendoli passare non si può rimanere insensibili. L'aquila dorata spicca sul cappello degli ufficiali che marciano davanti ad alpini seri e concentrati sul passo, non senza un pizzico di orgoglio. Per chi guarda invece i pensieri vanno in altre direzioni: le suggestioni del momento, il ricordo ancora, il dispiacere di sapersi privati di ciò che rappresenta un cuore pulsante della tradizione alpina e bellunese.
A Roma è stato così deciso. Un qualche genio militare si è cinto la testa e, spremendosi le meningi ha progettato un "nuovo modello di difesa" che prevede, tra l'altro, l'inevitabile soppressione della Brigata Cadore. Motivo più probabile i costi, ma ci sono mille esempi di come, nella città dei sette colli riescano a ridurre i costi e poi per mezza lira sparagnata ne sprecano tre. Come sarà possibile creare un nuovo modello di difesa efficiente, forte, motivato e possibilmente gratuito? In futuro la difesa avrà brigate di corazzati o di corazzieri (naturalmente con elmo e corazza)?
Vogliamo ricordare la Cadore sempre pronta negli istituzionali compiti militari come nell'intervento a fianco delle genti colpite dalla catastrofe, con la storia testimone di tante occasioni di chiamata all'appello in patria e all'estero. Presenza forte e riservata, senza protagonismi, presidio militare delle valli bellunesi, esempio di integrità, vero e proprio baluardo morale che nulla ha da spartire con le moderne teorie dei colpi di spugna e del finto buonismo, contraltare di questi tempi moderni.
Un evviva per tutti gli Alpini
Luca de Paris - 118° AUC
Sten al Btg Feltre (Br. Cadore)
Un articolo del Cap. Filippo Pavan Bernacchi in occasione del 25° di SMALP.it (24-4-1996 )
25 anni fa nasceva il sito SMALP