112° A.U.C.

13/07/1983 - 22/12/1983

 

Angelo Parodi
Giorgio Tocchio
112° A.U.C.




 

 

 

 

 

 

 

La Stecca

Dal numero unico del 112°



Sicuramente il momento più folcloristico del passaggio della stecca della 1a Compagnia:

Una ondata imprevedibile di follia doveva aver sicuramente travolto la vita semplice ed ordinata della Ia Compagnia: chiunque avesse intravisto il frenetico agitarsi dentro la palazzina "Chiarle" a tutto avrebbe pensato ma non alla sede di un reparto ordinato e disciplinatissimo. Sepolti da montagne di pacchetti e pacchetti, rifornimenti e cibarie di ogni tipo, impegnatissimi nel patetico tentativo di nascondere bottiglie di tutti i formati e le qualità, gli indaffarati allievi del 112° si preparavano alla loro notte brava. Ovvero, al cambio della stecca di camerata, con il quale la conquista della tanto sospirata condizione di vecchie sarebbe stata solennizzata da una cerimonia che nei suoi riti e nel suo svolgimento pare si tramandasse da innumerevoli corsi.

Ogni camerata, con le sue proprie stecche (delle quali, come per i misteri eleusini, non è dato parlare), e con le prove d'ardimento (insomma ...).

Fu così che, all'attenzione dei bravi smalpini aspiranti "vecchie", furono presentati incredibili ordini di servizio che solo su di un punto concordavano unanimi: cibo e bevande, vetrose e vitto abbondante, col quale celebrare lo storico avvenimento. Tutto da ridere quanto all'uniforme: componenti assolutamente sconosciute del corredo di ciascuno vengono rapidamente ripescate nel caos di armadi e borse valigie, mai più riaperte da settimane, per assecondare le richieste spesso allucinanti della vecchia (ormai vecchia non per molto).

Mutandoni tattici di ogni foggia, completi Armani e Versace, cordini da valanga, occhiali da ghiacciaio, buffetterie di ogni genere d'arma, pantaloni corti, tutto serve ed è impiegato per ravvivare l'atmosfera e la scenografia delle camerate. Si lavora alacremente: chi imbandisce ricche tavolate recuperando tovaglie e servizi completi, chi eregge baldacchini e trofei.

Timide ma generalizzate le banfate del tipo: "Benvenuti agli sten del 112-1", che ovviamente verranno scontate con pincie a non finire.

L'agitazione cresce con l'avvicinarsi dell'ora fatale; i genitori arrivano e la festa inizia; raggiungerà il top quando un lieto corteo, elmetto e candela accesa appiccicata sopra, passerà per i corridoi al canto di "Noi siam come le lucciole, viviamo nelle tenebre". (*)

Le tenebre vere cominceranno a calare per chi dovrà rimanere alzato fino all'alba per ridare un aspetto umano a camerate devastate dal massiccio impiego di spumanti, vino, bibite varie e schiuma da barba. Ma intanto, ed è quel che conta sul serio, la vecchia siamo noi. Da qui in avanti, la musica cambia.

 

(*) Il testo completo é: "Noi siam come le lucciole, viviamo nelle tenebre, figli di un mondo brutal, noi siamo il fior della SMALP", deriva da una allegra e nota canzone ante-guerra.

 

 

 

 

17 Ottobre 1983 "Sotto le stelle di monte Torrette"



Uno dei misteri meno comprensibili apparve immediatamente; come si fosse potuto pensare di usare Monte Torrette per scaricarci rifiuti. Mah.

In compenso il panorama era bellissimo, la giornata ottima e la salita, per quanto un po' ripidina, non poteva certo aver stancato delle inossidabili ed antichissime rocce come i sottoscritti. Inoltre le novità non erano poche. Già la settimana prima avevamo partecipato all'esercitazione di aereo-cooperazione: da parte nostra massima voglia di collaborare, ma una nebbia padana maligna ci aveva sottratto l'elemento primario (cioè gli aerei).

Adesso si trattava di mettere in piedi un accampamento e sperimentare la prima notte sotto i celebrati teli tenda naja, in preparazione dell'attività di pattuglia prossima al suo inizio.

Eccitazione da boy-scout sotto gli occhi attenti del nuovo comandante, il Capitano Rolando.

Lotta selvaggia per accaparrarsi i pochi scout veri, o che perlomeno hanno l'aria di sapere come montare una tenda. Tutto pronto, si va anche a provare il nuovissimo ed intatto sacco a pelo (che si rivelerà una delle sorprese più piacevoli).

La sera i mandorli di monte Torrette vedono la Prima Compagnia stretta intorno ad un falò, a scaldarsi col vin brulè e le canzoni. Il repertorio si rivela già a prima vista insufficiente, ma si fa quel che si può. I più coraggiosi resistono fino a tardi, quando la grappa e la legna sono finite e la voce pure. Molti ricordano un'altro momento simile, una sera a Clou Neuf sotto l'acqua, la compagnia schierata che cantava. Fu allora che chi non lo sapeva aveva scoperto che cantare scalda, non solo il cuore, era stato uno dei momenti più belli per i figliastri del 112°.

Ora si ripeteva per le anziane e navigate roccie del corso, che non volevano saperla di smettere.

Era troppo bello accorgersi che poco alla volta stava realizzandosi quanto profetizzato a suo tempo: i cento e passa sconosciuti che a metà Luglio si erano ritrovati nei cortili della "Cesare Battisti" a sbraitare disperatamente, senza avere in comune niente altro che l'Amore per la Montagna ed il corpo degli Alpini, stavano diventando una Compagnia. Ormai troppo era stato messo in comune, i ricordi cominciavano a combaciare, i momenti belli e brutti si erano stampati nella nuova memoria di quella che stava per essere davvero la Prima Compagnia. Tutte cose che passavano per la testa, sotto le stelle di Monte Torrette.