Molti di noi sono stati ospiti della Caserma Cesare Battisti, sede del Battaglione AUC (Allievi Ufficiali di Complemento). Ma quanti si sono chiesti realmente chi fosse quest'uomo cui è stata dedicata una struttura tanto importante? Probabilmente un numero esiguo. Ragion per cui mi è sembrato doveroso, in questo sito dedicato alla Scuola Militare Alpina di Aosta, riportare la storia di questo incredibile signore.
Nacque il 4 febbraio 1875, da agiata famiglia di commercianti, a Trento. A Firenze, nel 1893, studente di lettere, fece capire l'assurdità in cui si dibatteva allora il Trentino, dove l'oppressione tedesca s'era fatta più implacabile e sistematica. A vent'anni entrò nella vita politica del paese caldeggiando l'autonomia. La sua lotta mira a staccare il Trentino dal Tirolo che lo opprime moralmente e materialmente.
Il 7 agosto del 1899 celebra il matrimonio con Ernesta Bittanti. Nel decennio successivo svolge un'intensa attività politica; fra le altre cose fonda il quotidiano "Il popolo". Nel 1911 è eletto deputato alla Camera di Vienna. I suoi discorsi diventano una continua messa in stato d'accusa delle autorità politiche e militari dell'Austria. Quando esplode il confitto europeo, egli capisce che non può rimanere inattivo.
Il 12 agosto del 1914 varca il confine. Da Milano inizia quella fervida, ardente propaganda, per la quale egli va considerato uno dei principali artefici dell'intervento dell'Italia nel conflitto mondiale. Il 29 maggio si arruola nel 5° reggimento alpini. E' destinato al battaglione Edolo. Il 23 e il 25 agosto nei fatti d'armi dell'Albiolo si guadagna la prima medaglia al valor militare. In autunno va sull'Adamello dove compie, con gli sciatori, ardite scorrerie.
Nominato sottotenente, nel dicembre è mandato sul Monte Baldo. Nella primavera del 1916 è chiamato a Verona presso l'ufficio informazioni della Ia armata. Ma l'inazione gli pesa e quando, a metà di maggio, si abbatte sul nostro fronte la Strafe-Expedition, egli riparte per la trincea della Vallarsa a capo della 2a compagnia di marcia del battaglion Vicenza.
Arrestata l'offensiva, partecipa ai combattimenti che dovranno far arretrare il nemico sulle primitive posizioni e oltre. La notte fra il 9 e il 10 luglio il Vicenza riceve l'ordine di attaccare Monte Corno. L'azione riesce parzialmente ma, il mancato arrivo dei rincalzi favorisce gli Austriaci che, all'alba, contrattaccano in forze, infliggendo agli alpini pesanti perdite.
Battisti si difende sino all'ultimo, e, quando si tratta di salvarsi con la fuga, non può o non vuole. Subito riconosciuto, da un rinnegato della sua terra, l'alfiere Bruno Franceschini, certo non s'illude che l'Austria voglia risparmiarlo.
Caricato su una carretta, circondato d'armati e incatenato, la mattina dell'11 è condotto attraverso Trento, seguito dall'urlio osceno, coperto dalle percosse e dagli sputi di una turba di soldati e di popolo, aizzati dai poliziotti Muck, che vorrebbero provargli che la causa per il quale si è battuto e sta per essere ucciso è estranea ai suoi concittadini.
Condotto con Filzi, suo conterraneo e ufficiale subalterno, la mattina del 12, nel Castello del Buon Consiglio, non si scusa né mendica vane difese, ma riafferma la sua fede italiana. Invano tenta di respingere l'accusa d'alto tradimento e chiede si essere considerato, qual è effettivamente, un combattente caduto in guerra aperta. " Quello che ora accade non è una pagina gloriosa per l'Austria " scriverà più tardi il dott. Carlo Issleib, che diresse il dibattimento, ricordando, fra l'altro come, dopo la condanna, al Battisti non sia stato consentito di scrivere alla famiglia, come sia stato condotto al patibolo vestito di rozzi abiti borghesi ed esposto ai dileggi di una folla d'incoscienti.
Si reca nella fossa del Castello, dove è preparata la forca, senza perdere la sua fierezza, e, prima di porgere il capo al capestro, grida a squarciagola: " Viva Trento italiana! Viva l'Italia! " Una fotografia ci ha conservato l'immagine del martire reclinata sul legno infame, già trasumanata dalla luce della morte, mentre intorno uomini, se così si possono chiamare, sorridono turpemente.
Le autorità austriache, turbate dalle ripercussioni che la tragedia ha avuto in tutto il mondo, si danno a distruggere le fotografie del supplizio, a bruciare le divise dei martiri, e, il 1° novembre 1918, ordinano che le salme sepolte presso le fogne del castello siano dissepolte e nascoste in una fossa del cimitero militare sotto la croce e con i resti di un soldato tedesco.
Le ossa di Battisti sono state poi provvisoriamente deposte nella tomba di famiglia, nel cimitero di Trento.
Cap. Filippo Pavan Bernacchi - 140° A.U.C.