Emilio Guidobono

 

 

Desidero raccontare la mia esperienza del periodo di richiamo militare come Tenente degli alpini per tutti coloro che per loro sfortuna non hanno potuto fare.

Innanzi tutto faccio un breve riepilogo del mio servizio militare: Partecipo al 115° AUC nel 1984, vengo assegnato al Btg Alp. Susa dove svolgo il servizio di prima nomina. Termino il mio servizio a Luglio 1985. Nel 1988 ricevo la nomina a Tenente. Finalmente dopo 12 anni dal termine del mio servizio e dopo innumerevoli richieste, ricevo la chiamata per effettuare il tanto sospirato richiamo. Vengo assegnato al II° Reggimento Alpini di stanza Borgo San Dalmazzo (CN) Mi presento il 2 Giugno insieme ad altri 4 ufficiali, un maggiore, due capitani e un Tenente, al Col. Meano C.te del Reggimento. L'accoglienza e il trattamento a noi riservato è e rimarrà per tutto il periodo davvero eccellente. Dopo i primi 10 giorni di corso, in cui abbiamo avuto modo di conoscere le novità riguardanti gli armamenti e il nuovo "Modello di Difesa" con il sempre più ampio tentativo di inserimento dei volontari, siamo stati assegnati alle varie compagnie, a me è toccata la 21.

A questo punto inizia la seconda fase del periodo di richiamo, sicuramente la più esaltante per quanto riguarda i rapporti umani e per le soddisfazioni personali. Le escursioni estive in luoghi splendidi. Il periodo dei Campi Estivi è stabilito per una durata di 12 giorni in cui la compagnia deve affrontare diversi scavalcamenti, 2 ascensioni oltre i 3000 mt e alcuni pernottamenti in quota. L'itinerario prevede la partenza dalla Val di Susa nella zona di Sauze D'oulx e, passando attraverso il col Basset col Bourget siamo scesi a Pragelato all'inizio della Val Troncea.

Il giorno successivo effettuiamo la prima delle due ascensioni stabilite, al Monte Ginnivert: Qui ho vissuto momenti di grande emozione e commozione quando il più giovane alpino della Cp ha letto la Preghiera dell'alpino mentre, sulla croce in vetta al Ginnivert, sventolava il tricolore circondato dai fumogeni dello stesso colore il tutto si stagliava nel cielo azzurro, uno spettacolo. Le giornate successive trascorrono secondo il programma previsto con marce sempre molto impegnative e in alcuni casi anche insidiose dovute alle condizioni atmosferiche non sempre ottimali. La compagnia però si dimostra in ogni occasione sempre all'altezza della situazione.

Dopo diversi scavalcamenti e pernottamenti in quota, raggiungiamo la zona del rifugio Barbara Lowrie. Una vallata meravigliosa immersa nel verde. Siamo quasi alla fine dobbiamo ancora raggiungere Pian del Re, famosa per le sorgenti del Po ai piedi del Monviso. Raggiungiamo il colle delle Armoine dal quale ammiriamo una spettacolare vista del Monviso ma da li a poco si coprirà di nuvole, non lo vedremo più. La discesa verso Pian del Re è spettacolare e molto impegnativa per il primo tratto. Ci sono pericolosi salti e le pietre rotolano facilmente, bisogna stare molto attenti.

Ultima fatica prevista è la seconda ascensione, a Punta Venezia. Le condizioni atmosferiche pessime ci consentono di raggiungere solamente il rifugio Giacoletti dopo di che è impossibile proseguire, troppo pericoloso. Ci fanno compagnia in questa ultima escursione due magnifici stambecchi. Facciamo dunque ritorno a Pian del Re dove ritroviamo gli automezzi che ci riportano in caserma. I campi estivi terminano qui. I restanti giorni che ci separano dal termine del periodo di richiamo passano velocissimi intervallati da cena d'addio, consegna della medaglia ricordo del Reggimento e saluti vari.

Sono passati 40 giorni dall'inizio, si ritorna alla vita e ai problemi di tutti i giorni. Le persone a cui racconto la mia esperienza non possono capire realmente quello che ognuno di noi richiamati ha vissuto. A me resterà dentro una soddisfazione immensa che mi auguro di poter ripetere in un prossimo richiamo spero un pò prima di 12 anni.

 

 

Emilio Guidobono Cavalchini - 115° A.U.C.

 

 

 

 

 

 

Filippo Pavan 1999

 

 

RELAZIONE CONCLUSIVA INERENTE AI 30 GIORNI DI RICHIAMO



Vipiteno, 06/07/1999 Tenente Filippo Pavan Bernacchi, nato a Vicenza il 31/05/1966, residente a Este (PD) in via Cavour n° 69/7, coniugato. Servizio di prima nomina svolto nel 1991 presso il Battaglione Alpini Edolo in qualità di comandante della 50a compagnia in s.v. (valutazione finale: eccellente). Primo richiamo svolto nell'agosto del 1998 presso la 107a compagnia del battaglione alpini Morbegno di Vipiteno in qualità di vicecomandante. Brevetto civile di paracadutismo, istruttore subacqueo, tiratore agonistico di pistola. Professione: dirigente d'azienda.

 

PREMESSA

E' stato bello tornare nello stesso reparto nel quale sono stato richiamato l'anno scorso. E' molto più facile la seconda volta. Si conoscono già le persone, si sa come pensano, come agiscono. Si è "freschi" delle nuove procedure, del nuovo modo di ragionare, delle armi e dei materiali.

NUOVA NORMATIVA DEGLI STRAORDINARI

Il nuovo sistema dei recuperi è semplicemente scandaloso. Basti pensare che l'ufficiale di picchetto che monta la domenica recupera poi 4 giorni (praticamente una settimana)! Da una parte non si hanno i soldi per pagare gli straordinari, e quindi si invita il personale a recuperare, dall'altra si emana una normativa che permette di accumulare migliaia di ore di straordinario. E' illogico e dannosissimo. Così facendo i quadri, già sotto organico, vengono decimati.

Eliminazione AUC

Sarà curioso vedere come sarà l'esercito senza di loro (senza di noi). Sono convinti che molti li rimpiangeranno. Anche quest'anno ho potuto constatare che a loro sono demandati numerosissimi incarichi, che vengono svolti sempre con il massimo impegno (anche se spesso peccano di professionalità per mancanza di esperienza). E' meglio gente che magari sbaglia ma ce la mette tutta che gente che tira a campa' inventandosi le giustificazioni e gli impedimenti più disparati.

Volontari

Sono sempre più convinto che saranno la rovina di quel poco che ancora c'è di buono. Sono venuto in contatto con quelli della brigata Garibaldi è ho viste confermate tutte le impressioni negative dell'anno scorso. Questi signori vedono sono i loro diritti, non sono militari per vocazione ma per necessità e sono al 90% del sud. Ciò ha portato, sta portando e porterà ad una meridionalizzazione dell'esercito. E' difficile non pensare che non ci sia della leggerezza da parte dei nostri politici. Forse fa comodo così. Da una parte si risolve il problema della disoccupazione al sud e dall'altra si riempiono le brigate di "professionisti". Ma cosa vuol dire professionisti: persone che lo fanno per professione o persone che sono professionali? Per questi signori vedo bene la prima ipotesi.

Giovani di leva

Quest'anno ho trovato dei ragazzi semplicemente fantastici. Mi sembrano mediamente più motivati di quelli che mi è capitato di incontrare nelle mie esperienze precedenti. In particolare ho ravvisato meno indizi di svaccamento o atti di nonnismo.

Ridimensionamento dei reparti - smantellamento delle Truppe Alpine

E' un processo che non si può evitare. Forse è venuto il momento di chiudere le Truppe Alpine, di eliminare gli alpini come si è fatto con i muli e di mettere in naftalina i cappelli con la penna. Lo dico perché gli alpini sono nati con uno scopo che oggi non c'è più (difendere i confini in montagna), e con un sistema di reclutamento che ha fatto la discriminante rispetto agli altri reparti (attingere il personale dalle zone da difendere). Un reggimento di napoletani con il cappello alpino sulla testa, con tutto il rispetto e la simpatia che ho nei confronti della Campania, non ha proprio nessun senso. Sono profondamente convinto che dobbiamo affidare gli alpini alla storia piuttosto che snaturarli.

Reggimenti

Trovo sempre curioso chiamare un battaglione "Reggimento". Sarebbe come chiamare condominio un monolocale.

Addestramento

"Apparire per non essere". Basta fare le cose secondo la "libretta" e se poi sono fatte bene o male non ha nessuna importanza. In 20 giorni di Calabria abbiamo svolto 3 o 4 giorni di addestramento ! Semplicemente assurdo. Il fatto di fornire dei plotoni operativi per fare la guardia al Fago del Soldato è molto discutibile. Ci si trova a vedere ulteriormente ridotti i tempi dell'addestramento, e per cosa? L'addestramento è costruito soprattutto in funzione delle eventuali improvvisate (annunciate) degli alti comandi. I vari generali che ho visto all'opera sono stati capaci solo di criticare. Ma è possibile che all'interno della Tridentina non ci siano ufficiali cui battere una mano sulla spalla, di tanto in tanto? Mah ! E l'effetto è che dopo un po' si cade nell'indifferenza e non si è più motivati a migliorare. Inoltre trovo poco elegante riprendere i comandanti di compagnia e di plotone davanti ai propri uomini (nella mia azienda non l'ho mai fatto).

IMPIEGO DEGLI UFFICIALI RICHIAMATI

Quest'anno sono molto contento dell'incarico "vero" di comandante di plotone. Incarico che mi ha dato la possibilità di crescere professionalmente. Incarico che ho trovato, in determinati momenti, gravoso.

ESERCITAZIONE Pitagora '99

Come per Forza Paris '98 è stata solo un'operazione politica. Abbiamo svolto la stessa attività che potevamo svolgere in Alto Adige, portando però moneta pregiata in aree depresse. Il pregio è che ho visto una regione del nostro Paese, splendida ma da evitare, per molte ragioni, accuratamente. Lì c'è bisogno di andare a fare ordine pubblico, non esercitazioni. In Calabria ci sono 4.000 latitanti, ma io direi che ce ne sono 4.001. Quell'uno in più è il senso dello Stato. Non voglio dilungarmi con i molteplici esempi che potrei fare. Come per l'anno scorso un appunto che mi sento di fare è che il Comando Brigata, esercitato anch'esso assieme al reggimento, non può pernottare un mese in albergo. E' una questione di immagine, di correttezza e di giustizia. Tende, materassini e sacchi a pelo, per tutti, sarebbero l'ideale. In più non si capisce la necessità di un "codazzo" di colonnelli e tenenti colonnelli che sembrano, più che in esercitazione, in vacanza (anzi, che sono in vacanza con le famiglie al mare). Come esempio porto un tenente colonnello che a Fago del Soldato impartiva le istruzioni al comandante della guardia (un tenente), mentre giocava a tennis. Ma forse fa parte del nuovo Modello di Difesa.

UFFICIALI

Ancora di più ho l'impressione che chi potrà, chi ha o avrà delle alternative nella vita civile, se ne andrà. Forse rimarranno i peggiori, o quelli che hanno una carriera già avviata, o i pochi "convinti". Onestamente non mi sento di biasimarli.

SOTTUFFICIALI

Pochi si danno realmente da fare. Quei pochi lavorano, spesso, anche per i colleghi che hanno le "braccia corte". Devo dire che ci sono delle persone eccezionali come il maresciallo Fabrizio Livanu e come il sergente maggiore Schiano, anche se quest'ultimo ha un "caratteraccio". Ma potrei nominare il maresciallo Zenzale, il maresciallo Geraci, il maresciallo Puce e molti altri. Caliamo un velo pietoso sulle decine di sfortunati che vegetano nel reparto.

CONFLITTO A FUOCO

Devo rilevare un grande appoggio morale da parte dei quadri e degli alpini della 45^ compagnia, e da parte del comandante di battaglione tenente colonnello Ornello Baron, nonché del comandante di reggimento colonnello Rossi. Sembra che nessuno si renda conto che sono vivo solo per miracolo! Devo altresì costatare l'assenza in prima linea di tutti gli alti comandi che sembrano essersi resi conto "ufficialmente" del fatto solo dopo che se ne è interessata la stampa. Devo ringraziare il generale Rossini per aver capito, anche se in ritardo, la situazione. Devo ringraziare il generale Malara che mi ha fatto i complimenti (l'unico generale!) per la mia reazione.

Non mi sento di ringraziare il generale De Salvia che ha saputo solo trovare inefficienze anche dove esse non c'erano. Mi pare incredibile la tesi che anche se eravamo in esercitazione (con un orario addestrativo che termina alle 16.30), avrei dovuto allontanarmi dal perimetro con una scorta in costante contatto radio con la base. Se fosse morto un alpino della mia presunta "scorta", Dio solo sa cosa mi sarebbe capitato. Chi sono io per girare con la scorta in esercitazione, il Presidente della Repubblica? E poi, diciamocela, prima che un alpino riesca ad inserire il caricatore nel fucile, armare e sparare, è già morto da un pezzo. Insisto nel dire che il comandante di compagnia e il comandante di battaglione si sono comportati in maniera perfetta, ineccepibile, come peraltro gli alpini. Sì, siamo fuggiti con un giorno di anticipo, ma è comprensibile.

Eravamo con una compagnia di leva che faceva un'esercitazione in Aspromonte e mi avevano sparato addosso a sangue freddo con l'intento di uccidere. Se avessimo avuto i poteri di P.S. avremmo subito fatto un rastrellamento e forse li avremmo presi. E' stata quella la nostra prima reazione (dei quadri), ma il tenente Morati ci ha ricordato, giustamente, le leggi cui dovevamo attenerci. Posso solo dire che è comodo criticare e sputare sentenze a centinaia di chilometri dal "fronte". Non aggiungo altro per non correre il rischio di diventare polemico. E la polemica, fine a se stessa, non mi piace.

45a compagnia

Un solo termine: eccezionale. Bravi e affiatati i quadri, bravi i caporali, bravi gli alpini, bravissimo il comandante. E non sono certo un tipo tenero nei giudizi. La compagnia ha sempre saputo affrontare tutti i compiti affidatigli con duttilità e solerzia.

CONCLUSIONE

Mi chiedo dove porterà la metamorfosi dell'Esercito Italiano. Sicuramente non nella direzione auspicata dai suoi ideatori. Ai posteri...

 

 

Filippo Pavan Bernacchi - 140° A.U.C.

 

 

 

 

Filippo Pavan 2000

 

 

RELAZIONE CONCLUSIVA INERENTE AI 30 GIORNI DI RICHIAMO


Vipiteno, 12/10/2000 Tenente Filippo Pavan Bernacchi, nato a Vicenza il 31/05/1966, residente a Este (PD), coniugato. Servizio di prima nomina svolto nel 1991 presso il Battaglione Alpini Edolo in qualità di comandante della 50a compagnia in S.V. (valutazione finale: eccellente). Primo richiamo svolto nell'agosto del 1998 presso la 107a compagnia del battaglione alpini Morbegno di Vipiteno in qualità di vicecomandante (Operazione Forza Paris in Sardegna). Secondo richiamo svolto nel giugno del 1999 presso la 45a compagnia del Morbegno in qualità di vicecomandante di compagnia e comandante di plotone (Operazione Pitagora in Calabria). Brevetto civile di paracadutismo, sub Divemaster PADI, tiratore agonistico di pistola. Professione: dirigente d'azienda.



PREMESSA

Questo è l'ultimo dei 3 richiami del 1° ciclo per il passaggio di grado da tenente a capitano. Quest'anno ho avuto il piacere, sempre con la 45a compagnia del Morbegno di fare un mese di attività in Puglia, precisamente nell'area addestrativa di Torre Veneri, a pochi chilometri da Lecce (Gruppo Tattico in riserva dell'Operazione Santa Barbara). Sono conscio del fatto che queste mie considerazione verranno considerate di basso profilo e accantonate. Pazienza. Nel mio ruolo di richiamato, mi vedo investito di una duplice missione: a) imparare ed aggiornarmi b) essere un "perito esterno" dell'Esercito Italiano. Il mio stipendio lo considero come il pagamento di una parcella di consulenza. Come "parte non in causa", di fatto, posso cogliere delle cose che sfuggono agli effettivi, inoltre il mio ruolo mi consente di esprimermi senza timori. Mi spiace solo perché probabilmente neanche quest'anno vincerò l'ambitissimo premio simpatia del Reggimento.

PERIODO INIZIALE

Una volta arrivati a Lecce abbiamo incontrato un po' di problemi. Le camerate per i volontari erano un po' precarie, i materassi vecchi, gli armadietti pochi e non c'era posto per stendere la biancheria lavata ad asciugare. Bisogna però tenere conto che Torre Veneri, sede di un battaglione logistico è, più che una caserma, un poligono militare. Ad ogni buon conto grazie al nostro ufficiale medico (del 6° alpini), e al comandante del battaglione logistico, ten. Col. Rizzo, oltre al tenente Giuseppe Quarta, comandante della 45a compagnia, molte cose sono migliorate. In particolare sono stati sostituiti tutti i materassi con dei permaflex in ottimo stato. Nota negativa: nonostante i quadri del Gruppo Tattico Morbegno fossero esigui, inizialmente ho assistito a diversi attriti ingiustificati determinati da fatti che potevano essere superati con un minimo di impegno e con un po' di buon senso. Invece, a volte, si è preferito far montare la cosa per dimostrare che il collega era inefficiente. Un'altra cosa che non mi è piaciuta è che alcuni alterchi sono stati fatti a portata di orecchie e di occhi di militari di altri reparti (o alla presenza dei volontari), episodi che mi hanno notevolmente infastidito. Ad ogni buon conto, dopo i necessari chiarimenti, grazie anche alle indicazioni puntuali del tenente Quarta, si è cominciato a lavorare tutti per lo stesso obiettivo.

VOLONTARI A FERMA ANNUALE

Sono esattamente come i soldati di leva, solo che vengono pagati di più. Poiché vengono retribuiti in modo corretto, però, ho notato un maggior impegno e una maggiore motivazione. Purtroppo devo dire che c'è una grossa differenza tra i volontari del nord, dell'Alto Adige e del sud. L'altoatesino è un soldato perfetto, una vera macchina da guerra. Una volta impostata si è sicuri che farà esattamente quanto ordinato. Unico neo la propensione alcolica (birra), che si manifesta una volta terminato l'orario addestrativo. I ragazzi del nord vanno mediamente bene. Per i ragazzi del sud ho notato che ce ne sono di due categorie: il bianco e il nero. Un tipo è preciso, volenteroso e molto affidabile. L'altro marca visita, tira a campa' e fabbrica a razzo una marea di scuse, bugie e quant'altro. Le malattie di questi signori emergono in prossimità di marce, esercitazioni o quando il tempo peggiora. Questi signori, che sono pochi, andrebbero buttati fuori a piè pari dai cancelli della caserma. Non vorrei essere additato per un razzista (semmai è vero il contrario). E' un discorso generale che ammette un'infinità di eccezioni. Quanto da me esposto è facilmente riscontrabile facendo un'indagine presso gli ufficiali medici (fatta con le dovute cautele, per non orientare le risposte).

TRATTAMENTO RISERVATO AI VOLONTARI

Come sempre da un eccesso all'altro. Dieci anni fa l'alpino si poteva trattare, sempre con rispetto, in modo a volte brusco, al fine di scuoterlo, spronarlo. Adesso bisogna usare i guanti bianchi. Non dimentichiamoci che sono sempre dei militari e che oltre ai loro costituzionali e sacrosanti diritti hanno anche una miriade di doveri sui quali non si deve transigere. In particolare, per mantenere la disciplina, non si devono avere remore nel non concedere licenze e PFS (permessi di fine settimana), poiché la consegna, nei giorni feriali, non sembra sortire effetti di sorta. Inoltre bisogna usare maggior impegno nel verificare se gli eventi che portano a giustificazione per le varie richieste (morti, esami, gravi incidenti di parenti), si sono verificati realmente. Pare che alcuni volontari siano particolarmente sfortunati e che i parenti di questi signori muoiano come mosche. Inoltre, sempre in tema di licenze e permessi, bisognerebbe fare un distinguo tra chi merita e chi no (anche per gli ufficiali e i sottufficiali).

ADDESTRAMENTO

La 45a compagnia fucilieri ha svolto un addestramento di ottima qualità. I programmi sono stati rispettati, gli alpini hanno sparato molto e hanno imparato a muoversi decentemente sul campo di battaglia. Inoltre sono stati fatti dei passi in avanti nell'addestramento formale e nella cura della persona e dell'uniforme. Unica nota negativa: gli alpini del comando e i conduttori che sembravano esentati da ogni regola militare; dal saluto, al non muoversi sull'attenti o, ancora, alla cura e alla manutenzione delle uniformi. Purtroppo questo è un vizio che si riscontra stranamente in tutte le CCS. Mi pare si dica "si è sempre fatto così". Io proporrei di trattare questi signori alla stregua dei loro colleghi fucilieri, mortaisti e controcarri.

MATERIALI

Le mimetiche italiane non vanno proprio. Hanno solo il colore di quelle americane, fine. In particolare nell'attività operativa si lacerano come se fossero di carta velina. Il tessuto nel sedere si consuma e sulle tasche posteriore si aprono dei buchi incredibili. Inoltre non è pensabile che ci sia un solo spessore per tutto l'anno e per tutte le latitudini. La mimetica è la stessa a Lecce e a Vipiteno, in agosto come in dicembre.

L'impermeabile policromo non tiene l'acqua e si incolla, come una seconda pelle, al malcapitato di turno. I cosiddetti "vibram" (pedule da montagna) sono discreti, anche se non capisco perché la suola che li ha resi famosi (la suola vibram), non venga più utilizzata (cosa che fanno le ditte civili più rinomate). Gli stivaletti da lancio possono essere utilizzati solo nei servizi di caserma. E' impensabile utilizzarli in attività esterna, figuriamoci per i lanci. Queste calzature, inoltre, non offrono nessuna tenuta termica, cosa molto fastidiosa per i reparti alpini. Gli zaini si sfaldano, gli spallacci si rompono con una frequenza impressionante, inoltre perdono una colla all'interno che rende appiccicoso tutto il contenuto.

Le buffetterie sono ingombranti, scomode, non tengono l'acqua e, sbalzando, spesso accade di perdere il contenuto. Le stesse sono agganciate in maniera assolutamente poco pratica e scomoda. Rispetto a dieci anni fa, quindi, sono migliorate le armi (SC e Beretta 92) e ci sono molti più automezzi a disposizione, ma sono peggiorate uniformi e calzature. E' negativo, inoltre, che gli alpini non abbiano a disposizione una buona giacca a vento (distribuita veramente a tutti). E' sintomatico che tra ufficiali, sottufficiali e volontari in servizio permanente chi può si compera il materiale straniero (soprattutto americano): gore-tex, buffetterie, stivaletti, berretti policromi; chi non può deve soffrire (e non poco) con questo materiale di scarsa qualità.

Non credo sia un problema legato solo ai costi. Invece di inventare l'acqua calda perché non acquistiamo il materiale già testato e adottato da eserciti più all'avanguardia? Così facendo eviteremmo sicuramente molti errori.

AMALGAMA

In molte forze armate i comandanti, a tutti i livelli, "crescono" i dipendenti dall'inizio alla fine. In questo modo si sa esattamente cosa farà Tizio in quella determinata circostanza e cosa farà Caio. Da noi no. Per le varie attività si racimola personale a destra e a manca, incasinando il tutto. Prelevare i caporali della 45a per fare da inquadratori al 10° scaglione ne è un esempio (la compagnia rimasta a Lecce ne soffrirà sicuramente). Ma si può parlare anche delle varie scuole tiri e di altre attività. Questa è una moda che dovrebbe assolutamente cambiare. I reparti dovrebbero muoversi a blocchi per svolgere i propri compiti. Sono conscio del fatto che se tiro la coperta per coprirmi la faccia mi scopro i piedi, ad ogni modo ritengo che la soluzione consista nel pianificare con cura le attività a medio e a lungo, al fine di ottimizzare le forze a disposizione.

UFFICIALI E SOTTUFFICIALI

Scarsissime le motivazioni a tutti i livelli. Ho sentito da più parti la voglia di lasciare la divisa per tornare alla vita civile. Questa tendenza è determinata da tante cose, soprattutto per gli effetti collaterali dati dalla continua trasformazione dell'esercito (Nuovo Modello di Difesa). Qui gli ufficiali superiori (e prima i politici agli ufficiali superiori), dovrebbero fare opera di sensibilizzazione presso i dipendenti per spiegargli esattamente in che direzione si sta andando e come evolverà il tutto. Il rischio reale è che chi ha un'alternativa (i più validi), se ne vadano, cosa che farebbe una male enorme al mondo grigio-verde. Poi c'è lo scontro generazionale tra chi è ancorato al vecchio e non ha più nulla da dare e i nuovi acquisti. Questa promiscuità sta creando dei seri danni (i giovani dopo un po' si adeguano).

Io proporrei di mandare in prepensionamento un bel po' di ufficiali e sottufficiali allergici al Nuovo Modello di Difesa. Bisogna poi prendere il coraggio a due mani ed eliminare le persone che non meritano e che non si impegnano (e che spesso remano contro). Invece si lascia correre, per la serie : "poverino ha famiglia". Auspico inoltre un maggior equilibrio nella distribuzione dei quadri tra nord e sud. Al nord si è sotto organico, al sud la forza arriva a percentuali incredibili.

STRAORDINARI

Il sistema dei recuperi è semplicemente scandaloso. Basti pensare che l'ufficiale di picchetto (o sottufficiale di ispezione) che monta sabato e domenica recupera poi 4 giorni (praticamente una settimana)! Da una parte non si hanno i soldi per pagare gli straordinari, e quindi si invita il personale a recuperare, dall'altra si emana una normativa che permette di accumulare migliaia di ore di straordinario. E' illogico e dannosissimo. Così facendo i quadri, già sotto organico, vengono decimati.

SINDROME DEL DIPENDENTE STATALE

Fare il militare è come fare il medico. E' una professione che è anche una missione. Cosa succederebbe se un chirurgo ragionasse in termini: "Sono le quattro e trenta, continuo domani"? E' per questo che bisogna fare le cose finché non si è terminato il proprio compito, indipendentemente dal fatto che durante la settimana si corre il rischio di "regalare" qualche ora allo Stato. Consiglio quindi ad alcuni quadri di non lavorare con il cronometro olimpico in mano.

STIPENDI

Qualcuno deve mettersi a tavolino e rifare tutto. Ci sono ufficiali e sottufficiali che hanno responsabilità enormi, e materiali in carico, e non sono adeguatamente retribuiti. Inoltre non c'è nessuna differenza tra chi è bravo e s'impegna e chi no. Le stesse risorse che sono a disposizione adesso per le retribuzioni dovrebbero essere destinate in modo diverso. Chi merita, è aggiornato, è professionale, non crea problemi ma li risolve, deve prendere di più, chi no di meno. Non entro nel dettaglio di questo spinoso argomento se non per dire che è un vero e proprio tallone d'Achille del Nuovo Modello di Difesa.

CONCLUSIONI

Ho trovato un Esercito Italiano in grave difficoltà: incertezza sul futuro, materiale scadente, quadri demotivati. Non voglio però dire che vada tutto male, anzi. Le cose si fanno e, tendenzialmente, si fanno bene (e gli alpini sono molto più avanti degli altri). Siamo però lontani da un esercito di professionisti (ora è un esercito di persone che lo fa per professione, una bella differenza). Trovo il corpo degli alpini un po' meglio dell'anno scorso, sembrerebbe che la nuova figura del VFA (volontario a ferma annuale) abbia portato nuova linfa vitale. Forse si tornerà, se prenderà piede, di nuovo ad una forma di reclutamento regionale. Bisogna vedere come i ragazzi del nord prenderanno la fine della leva obbligatoria. Una bella scommessa.

Concludo dicendo che non si deve mai mollare la presa sulla forma fisica (in particolare marce e ginnastica, attualmente ridotte all'osso), sulla pulizia personale, sull'addestramento, sull'uniforme indossata, sul concetto di uniformità, sulla pulizia delle calzature indossate, sull'ordine delle camerate, sul comportamento all'interno delle strutture militari anche una volta ultimato l'orario addestrativo. Grazie 5° alpini, spero solo che quando, tra sette anni, farò il richiamo da capitano, tu esista ancora.

 

 

Filippo Pavan Bernacchi - 140° A.U.C.

 

 

 

 

 

 

 

 

Massimo Mazzola

 

 

RELAZIONE DI UN RICHIAMO

Ten. Massimo Mazzola - 128° A.U.C. - Serv. 1a nomina Btg. "Tolmezzo", Venzone UD

Nel corpo degli Alpini, agli Ufficiali richiamati che terminano il loro periodo di aggiornamento, viene richiesta una relazione per commentare la propria esperienza evidenziando gli aspetti negativi o positivi riscontrati. Considerando la posizione spesso "ingombrante" di queste figure (spesso più sopportate che integrate) le loro relazioni vengono tuttavia lette più attentamente di quanto si pensi.

In particolare le opinioni espresse rappresentano un importante termine di confronto tra il mondo militare di un passato prossimo e quello attuale. Sono quindi analisi in grado di percepire tendenze importanti non percepibili appieno dai militari in Servizio Permanente, in quanto provenienti da "sensori" percettivi alle graduali variazioni che si sono verificate in questi anni.

Inoltre, alla pari di consulenti esterni, i pareri e opinioni da loro espressi acquistano particolare valore in quanto espressi da "ex-militari" integrati nel mondo civile (quindi espresse con cognizione di causa) e, soprattutto, da una posizione privilegiata, in quanto non condizionati dal contesto militare oppure dal "peso" delle Note Caratteristiche.

Pur con tutte le obiettive limitazioni del caso, queste relazioni possono però offrire ad attenti lettori esterni delle importanti indicazioni sullo stato attuale delle Forze Armate.

Ho pensato quindi di pubblicare questa mia relazione [1] relativa al terzo e ultimo richiamo senza ambizioni particolari se non quella di trasmettervi le riflessioni sviluppate in seguito all'esperienza trascorsa nella 44° Cp Alpini del 5° Reg. stanziato a Vipiteno (BZ), Brigata Tridentina.

 

Premessa

Questa mia terza e ultima relazione, come le precedenti, vuole essere un apporto critico e propositivo allo stato mutevole delle Truppe Alpine e più in generale all'Esercito da parte di un Ufficiale richiamato dopo 11 anni dal servizio di prima nomina. Cercherò quindi di eseguire un'analisi di sintesi (per forza di cose non esaustiva) dell'esperienza maturata in questi tre periodi di richiamo consecutivi, esprimere un parere di merito nei vari aspetti riscontrati e stabilire, ove possibile, se esiste una tendenza positiva o negativa nell'evoluzione in atto nel 5° Reg. Alpini e, più in generale, nelle Truppe Alpine.


Quadri ufficiali e sottufficiali

Il quadro ufficiali a cui sono stato affiancato quest'anno, contrariamente all'anno scorso, si è sempre dimostrato all'altezza della situazione e in più di una occasione ho avuto modo di trovare gli stimoli e le motivazioni per i quali mi ero arruolato come Ufficiale degli Alpini molti anni fa.

Ho particolarmente apprezzato sia la nuova organizzazione della compagnia in addestramento, articolata in nuclei, in modo da rendere più definite e quindi più efficienti le sfere di competenze all'interno dell'unità (nucleo S1 = Trasmissioni, S2 = Addestramento, ecc..) e sia il ripristino di molte tradizioni tipicamente degli Alpini che già al mio primo servizio erano tramontate ("urlo" di compagnia, i canti alpini, la Preghiera dell'Alpino, ecc... )

Unica nota contrastante è data dal Comando di Reggimento di cui ho percepito in più di un'occasione una sensibile mancanza di incisività e sicurezza. Per finire mi sento di dover nominare alcuni Ufficiali da cui in questi tre anni ho tratto spunto o insegnamento e che, secondo la mia visione, rispecchiano in tutto o in parte il mio ideale di militare: il C.te Ten. Massimo Daves e il Ten. Stefano Di Piazza.

Il quadro sottufficiali rappresenta ancora uno degli aspetti negativi della forza, con tutte le eccezioni del caso. Ho riscontrato sottufficiali che spiccano per il complesso di qualità, professionalità e di attitudine al servizio, altri invece, purtroppo i più, che sembrano aver perso ogni dedizione al dovere.

Sotto questo aspetto la tendenza è sicuramente negativa e visto le esperienze passate e gli attuali indirizzi futuri del Nuovo Modello di Difesa sono fortemente convinto che questa situazione sia così diffusa e così fortemente radicata nelle FF.AA. da rendere lontana qualsiasi soluzione a breve scadenza. E' convinzione di chi scrive che il servizio militare, come altre professioni "speciali", sia fondamentalmente legato alla vocazione e non sia intrapreso quindi solo per meri motivi di stipendio, tanto più se si parla di quadri. Esiste infatti una sottile ma sostanziale differenza tra chi esercita la propria attività da professionisti da chi la fa solo per professione.


Ufficiali richiamati

La mia mansione da Tenente nella 44a Compagnia in tutti e tre richiami consecutivi è stata di C.te di Plotone e per questo non penso sia mai stata realmente intesa per quello che doveva essere, ovvero un affiancamento al C.te di Compagnia per acquisire i criteri, le modalità e le procedure per il comando di una unità di pari livello o maggiore.

Per quanto riguarda il mio ruolo e, più in generale, il ruolo degli ufficiali richiamati, sono fortemente convinto che la nostra funzione così come il nostro periodo di richiamo siano superati dagli eventi e per questo ormai inefficaci, retaggio obsoleto di un vecchio modello di Esercito da cui si sta cercando emergere. E' inoltre mia convinzione che se il nuovo Modello di Difesa preveda l'ausilio di forze in congedo, queste dovrebbero essere adeguatamente preparate e addestrate in modo da assolvere nel modo migliore il compito per cui vengano richiamate.

Penso in particolare a corsi di formazione teorici e pratici, alternati da addestramento reale di frequenza almeno trimestrale similmente al modello Svizzero o Americano.


Analisi delle forze

La 44a Cp. in cui ero stato affiancato quest'anno era integralmente costituita da volontari a ferma annuale (VFA) nei quali ho potuto scorgere motivazioni e attaccamento al servizio pari o maggiori degli Alpini che ho avuto il privilegio di comandare durante il Servizio di prima nomina. Devo per correttezza ed obiettività fare una distinzione tra i volontari provenienti dal centro-nord e i volontari del sud; in più di un'occasione infatti questi ultimi, pur con le eccezioni del caso, hanno espresso una scarsa attitudine al servizio dimostrata nella fattispecie durante le attività addestrative di movimento in montagna; in quei casi infatti la mattina stessa dell'addestramento molti di questi volontari hanno chiesto visita medica eludendo in questo modo l'attività.

Complessivamente però sia l'addestramento, sia lo spirito di corpo, sono sensibilmente migliorati dal primo richiamo effettuato. Un consiglio che mi sento di dare ai quadri ufficiali in questo senso è di forzare maggiormente nella fase addestrativa, pretendendo molto di più dai propri alpini con la consapevolezza del ruolo di volontari e della rinnovata motivazione dimostrata in molteplici occasioni.

Contrariamente a questo infatti, ho "percepito" a volte un calo di motivazione proprio tra gli Ufficiali di Compagnia che dovrebbero essere gli ideatori e i promotori di qualsiasi attività. Esiste quasi un senso di fatalismo e rassegnazione sul proprio ruolo, come di chi abbia accettato il diffuso luogo comune "tanto non saremo mai un esercito di professionisti". Le cause possono essere molteplici e concomitanti e sotto molti aspetti condivisibili ma, di fatto, questo calo di motivazione dei quadri è forse l'aspetto più preoccupante che ho registrato in questi periodi di aggiornamento.

Un forte limite, già riscontrato nei richiami precedenti, per quanto riguarda l'efficacia e la prontezza operativa delle unità alpine, è dato a mio avviso dalla pesante ed ossessiva ricerca della sicurezza assoluta ovunque e in ogni costo. "Tutto deve andare bene in ogni caso" questo è sempre stato il leit motiv di ogni esercitazione. Ma questo ha significato molte volte di sacrificare l'obiettivo fondamentale dell'attività addestrativa (ovvero l'addestramento nelle più svariate condizioni operative) all'attività addestrativa fine a se stessa, con tutte le conseguenze immaginabili che questo comporta. Lo dimostra il fatto che molte esercitazioni (specie nei due richiami precedenti) sono e sono state preparate ad arte a tavolino, togliendo qualsiasi elemento di realtà.

A mio avviso l'addestramento di un soldato deve prevedere situazioni impreviste, difficili, che comportano un certo grado di aleatorietà, comunque accettabile. In questi tre anni ho appurato più volte che di fronte a qualsiasi rischio si preferisce un addestramento fittizio ma sicuro. So che queste parole verranno sicuramente fraintese ma, soprattutto nei moduli addestrativi al combattimento, come Ufficiale mi sono spesso chiesto "siamo sicuri di addestrarci realmente o stiamo piuttosto eseguendo un addestramento 'formale' in tempo di pace in cui non sono tollerate nessun tipo di incidenti e quindi pesantemente condizionato da mille compromessi, non ultimo la carriera di noi stessi Ufficiali? "

E' mia profonda convinzione che, se veramente si vuole addestrare degli uomini alle svariate condizioni operative in cui verranno impiegati, (per future missioni di mantenimento della pace o anche per semplice aiuto umanitario), bisogna allontanare al più presto dalle FF.AA. l'adozione di un addestramento di basso profilo, più sicuro da qualsiasi attacco politico-civile, rispetto ad un addestramento professionale sicuramente più redditizio in termini di efficacia, ma molto più vulnerabile alle critiche prima accennate. Il più delle volte mi sembra non venga presa con sufficiente importanza il fatto che gli scenari per cui verrà proiettata un'unità militare prevedono o possono evolvere condizioni di combattimento reali, con morti, feriti, ecc... Nella mia esperienza di C.te di Plotone ho sempre inteso l'addestramento come la preparazione delle unità alle peggiori condizioni operative potenzialmente verificabili attraverso la simulazione delle stesse. Solo superate positivamente queste prove si potrebbe pensare di avere dei soldati addestrati. Il dualismo tra teoria e pratica è, e sarà sempre, indissolubile. Agire così di coerenza sarebbe un primo passo per diventare veramente un vero esercito di professionisti.

Un'altra forte limitazione all'operatività della compagnia è a mio parere data dall'organico insufficiente, quello presente sempre in mobilità e quindi non conosciuto in modo ottimale. Indipendentemente dalla situazione contingente di forte rinnovamento, questo determina, soprattutto al livello di compagnia, una forte diminuzione dell'efficienza e quindi del grado di prontezza operativa. In condizioni reali, a mio avviso, la deficienza di addestramento sommata con la mancata affidabilità dell'organico graverebbero in modo esiziale sulla sopravvivenza operativa dell'unità.

Anche se ormai noto a tutti, assimilato e acquisito, non concepisco ancora in nessun modo razionale l'attuale organigramma del Reggimento "mono-battaglione", una singolarità italiana forse pensata più a creare organico agli Ufficiali che altro.

Ho valutato invece in modo assai positivo il rapporto settimanale con cui il C.do di Reggimento si confronta sulle attività di caserma e operativa con i Quadri Ufficiali e Sottufficiali. In modo altrettanto positivo ho potuto constatare un ottimale rapporto di critiche e approvazioni dai quadri superiori verso gli inferiori, abbandonando quella inveterata abitudine di nessun commento oppure solo biasimo al termine di qualsiasi attività addestrativa.


Conclusioni

Rispetto al mio periodo di Servizio, se da un lato vi è stato un notevole miglioramento qualitativo e quantitativo dei mezzi e delle armi (flessibile e affidabile il VM 90, buonissima l'arma di reparto FN Minimi cal. 5.56 e la pistola di dotazione Beretta F 92, buono il fucile d'assalto SC 70/90), dall'altro lato restano invece molto negative l'impressione per quanto riguarda l'equipaggiamento di vestiario, (SCBT in primis e quasi tutto l'equipaggiamento invernale).

Restano anche negative le impressioni per quanto riguarda sia le trasmissioni (si trasmette ancora con le obsolete e pesantissime RV2-RV3!) e sia la preparazione tecnico-fisica delle truppe. I moduli di addestramento, aggiornati e giustissimi per quanto mi riguarda nella teoria, dovrebbero essere supportati da una maggiore intensità e severità di esecuzione. Se l'obiettivo è l'addestramento al combattimento e più in generale alla guerra (perché è questo che serve principalmente un esercito!), allora a mio parere vi sono ancora troppi compromessi e ipocrisie che limitano il raggiungimento dello scopo, l'unico vero e proprio.

Esiste inoltre un limite di impiego obiettivo per le attività che una unità deve sostenere, sia per quanto riguarda i quadri e sia la truppa. In altre parole ho ravvisato una successione di impieghi e di scadenze, spesso sovrapposte, da mettermi in dubbio se l'iter formativo per i volontari sia realmente effettuato. Nello stesso senso è mia convinzione che i moduli addestrativi dovrebbero effettuati in tempi ben più lunghi di quelli attuali per essere realmente assimilati e divenire quindi efficaci.

Altro aspetto importante che vorrei porre in evidenza consiste nella separazione delle carriere operative e di comando da quelle puramente amministrative (la cui comunanza è sempre stata per me inconcepibile) adeguando in modo proporzionale il livello economico in base alle responsabilità e ai rischi dell'incarico.

Per finire, non ho tutti gli elementi per esprimere un parere oggettivo sullo stato delle Truppe Alpine che ho ritrovato dopo 11 anni dal servizio di prima nomina ma, così come in passato, quello che spesso mi ritrovo a pensare è che siamo ancora molto lontani da un esercito di veri professionisti e troppo vicino ad un esercito basato su un triste compromesso politico. Anche le attuali tendenze in atto (meridionalizzazione dell'esercito, super-garantismo del personale, ecc.) non mi fanno pensare a niente di buono e oggi quindi, come 11 anni fa, se avessi la possibilità di scegliere, sicuramente non prenderei la strada della rafferma.

Non sono in grado di dire se avrò il privilegio di un altro richiamo; sinceramente spero di avere contribuito almeno in parte alla mia funzione ma soprattutto, in una tale futura occasione, spero che le Truppe Alpine riavranno riacquistato lo stato di truppe d'élite originali, conservandone forza, valori e professionalità, nelle quali la figura di un Ufficiale richiamato risulterà incompatibile. Solo in quel caso avrò un rimpianto.

In ogni caso.grazie e Buona Fortuna 5° Alp

 

Ten. Massimo Mazzola


[1] Per motivi di comprensibilità e leggibilità sono state apportate delle modifiche al testo originale comunque non sostanziali.

 

 

 

Foto dell'autore durante la missione "Forza Paris" del 1° Richiamo (Sardegna, agosto 1998)

 

 

 

 

 

Luca Ceccardi

 

 

RELAZIONE DI UN RICHIAMO

RISERVISTI 3°RGT ALPINI

In relazione all'esigenza dell'Operazione "DOMINO 2002" oltre al sottoscritto, sono stati richiamati in servizio presso il 3° Rgt.Alpini - Btg. "SUSA", altri 4 Ufficiali e 11 militari di truppa facenti parte delle Forze di Completamento. Il periodo oggetto del richiamo si e' svolto tra i mesi di maggio ed agosto 2002; brevemente di seguito descriverò le fasi principali del richiamo in questione.

 

Attività svolta

L'attivita' svolta durante il servizio si e' sviluppata in tre principali periodi.


Addestramento

La fase addestrativa e di ricondizionamento del personale si e' sviluppata nell'arco di cinque settimane durante il quale e' stata trattata un'ampia panoramica di argomenti: dalle nozioni principali di utilizzo dei nuovi sistemi d'arma, all'attuale organizzazione della Forza Armata; dal ripasso dei principali atti tattici all'effettuazione di un consistente numero di poligoni di addestramento al tiro. La fase finale di questo periodo e' stata dedicata ad argomenti specifici per l'impiego nell'operazione "DOMINO 2002". E' stato particolarmente apprezzato il fatto che l'addestramento non si sia limitato agli argomenti inerenti alla missione, ma abbia toccato anche le ultime dottrine relative alle operazioni fuori area.


Operazione "DOMINO 2002"

Gli Ufficiali sono stati tutti impiegati durante l'operazione "DOMINO 2002" in qualita' di Comandanti di Sito, mentre i Militari di truppa sono stati immessi a completamento dei vari Plotoni prestando servizio di guardia in concorso con le Forze del'Ordine nella sorveglianza di Siti sensibili (Aeroporti). Questo ha comportato una interessante esperienza nella gestione del personale volontario (VFB e VSP) oltre che da un punto di vista puramente operativo. Da segnalare la buona integrazione creatasi tra il personale riservista e quello in servizio permanente sia per gli Ufficiali che per la Truppa.


Periodo conclusivo

La 44a Cp. in cui ero stato affiancato quest'anno era integralmente costituita da volontari a ferma annuale (VFA). Nel periodo immediatamente successivo all'operazione Domino, gli Ufficiali si sono affiancati al personale della Compagnia di Formazione interessata alla preparazione per la missione "ISAF". (Afghanistan) Anche in questo caso sono state affrontate, con particolare interesse, lezioni sia teoriche che pratiche relative alle missioni fuori area: dall'addestramento anti-sommossa alla formazione di un posto di blocco stradale; dal riconoscimento di ordigni esplosivi alle operazioni di bonifica; da nozioni di carattere umanitario a quelle di tipo sanitario.

In conclusione, volevo evidenziare di come le varie fasi del richiamo sono state organizzate in maniera impeccabile da parte del 3°Rgt. Alp., nonostante i numerosi impegni operativi. In particolare i miei ringraziamenti vanno anche alla 34°CP, dove durante il periodo addestrativo, eravamo alloggiati nella sua struttura, e il personale effettivo (Uff.-Sottuff.) ha curato in modo lodevole ma soprattutto professionale le varie attivita' della fase di ricondizionamento.

A tutto il Reggimento quindi va il mio più vivo compiacimento.

 

TEN.f.(alp).cpl. Luca CECCARDI - 152° A.U.C.

 

 

 

 

 

 

Giorgio Cremona

 

 


 

 

Giorgio Cremona - 126° A.U.C.